Ma mettersi a fare libri di questi tempi ha un qualche senso o è solo una manifestazione di disagio mentale di gente che sta ancora con i piedi nel millennio scorso e non si vuole rassegnare agli inevitabili cambiamenti che rendono la carta obsoleta e le librerie meri depositi di scorie di cellulosa che si affollano durante le vacanze natalizie solo per placare l’angoscia dell’oddio è il 23 dicembre e devo fare ancora tutti i regali?
Proviamo a propendere per la prima ipotesi e vediamo se può essere basata su qualcosa di ragionevole oppure no.
Entriamo in una libreria, né piccola né media, una grande, o grandegrande, a Napoli c’è Feltrinelli, andiamo là.
Immaginiamo di togliere dagli scaffali i libri editi da Feltrinelli, poi quelli del gruppo RCS (cioè Rizzoli CorSera, Bompiani, Fabbri, La Nuova Italia, Sonzogno, Sansoni, Marsilio e molto altro), da Mauri Spagnol (Boringhieri, Garzanti, Longanesi etc.) e da Mondadori (Einaudi, Sperling & Kupfer, Piemme e, ovviamente, Mondadori). Sono solo i 4 principali produttori italiani di libri.
Che ci resta?
Scaffali vuoti!
Nelle grandi librerie italiane, tolti i tomi di queste quattro grosse fabbriche rimane più o meno il vuoto, eppure tra i 170 titoli che compaiono o ricompaiono ogni giorno (c’è da aggiungere: pare che il 35% di quei libri vada al macero, e che il 60% dei titoli non venda alcuna copia) parecchi sono editi da medi, piccoli e piccolissimi gruppi – si dice nascano ogni anno addirittura ottocento editori, molti dei quali con brevissima vita e produzione quasi nulla.
Dove sono questi libri? Vale la pena cercarli?
I microeditori arrivano in libreria con grande difficoltà e i loro cataloghi vengono travolti dalla valanga delle ultime novità. Non solo è del tutto improbabile arricchirsi con una piccola casa editrice, ma è anche abbastanza complicato farlo diventare un vero lavoro, qualcosa che garantisca reddito a chi vi si dedica. Ciononostante fiere della piccola e media editoria come quella di Roma di inizio dicembre sono strapiene di gente e di libri.
I consigli dati a chi si imbarca per metter su un’azienda di belle speranze sono quelli di progettare solidamente, dare una continuità, non improvvisare, realizzare un catalogo consistente, riconoscibile e relativamente omogeneo. Insomma cominciare a costruire una piccola ma solida azienda che potrebbe diventare anche non tanto piccola, pure Angelo Rizzoli cominciò da niente.
Ma ci serve davvero un’altra azienda efficiente? Forse no. Ci serve invece fare cose bellissime che facciano sentire chi le compra privilegiato e non truffato.
Saranno disomogenee, discontinue, legate alla voglia e al tempo di chi le produce?
Può darsi, vuol dire che saranno come la vita stessa, a volte lentissima e a volte accelerata.
Saranno poche, difficili da trovare? Va bene uguale, le considereremo dei veri e propri tesori, gioielli dal prezzo modico.
Chi ci aiuterà a condividerli con il mondo? Non c’è altra possibilità, i nostri amici e i nostri lettori entusiasti, per questo ho voluto cominciare con un libro scritto da me…