L’ubiquo Hamkin e i suoi beffardi cromosomi

La mattina del 19 agosto 2002 la signorina A.V. di anni 24 (oppure 22, a seconda dei giornali[1]) se ne stava per fatti suoi nella pineta di Campolecciano (oppure Chioma), ferma in auto con S.P. di anni 39, e mai avrebbe sospettato – e men che meno desiderato – che suo destino sarebbe in breve stato quello di trovarsi al centro di una complicata questione scientifico-poliziesca internazionale. Secondo ciò che riportarono i giornali del racconto dell'unico testimone (S.P.) pare che i fatti siano questi: un giovanotto biondo e aitante si avvicina munito di pistola e,  parlando con difficoltà una lingua incomprensibile (oppure calmo e silenzioso esprimendosi a gesti) richiede dei soldi ai due, ottiene 120 euro e poi spara uccidendo A.V. A questo punto S.P. e il rapinatore ingaggiano una lotta relativamente cruenta durante la quale il rapinatore si prende una pietrata in faccia, perde la pistola che S.P. userà per sparare in aria, perde gli occhiali, perde un ciondolo, capelli, sangue etc. e poi riesce a scappare.

A causa del fotokit e della pistola usata, una Makarov russa, le guardie cominciano a cercare il responsabile tra ragazzi dell'est europa e due mesi dopo arrestano a Capalbio un rumeno (oppure ungherese) clandestino, senza fissa dimora, che va spesso a Livorno e, soprattutto, viene riconosciuto al 90% da S.P. Se lo tengono una settimana. Purtroppo (per le guardie) il suo datore di lavoro gli garantisce un alibi (oppure il suo dna non corrisponde a quello ritrovato, sempre a seconda dei giornali) e quindi lo devono rilasciare (e t'è andata bene, biondo).
Un delitto che rischia di rimanere impunito, ma è a questo punto che entrano in campo, anzi, in laboratorio, le forze dell'ordine in camice bianco, la tecnobiologia al servizio della legge.
 
 
 
I carabinieri della sezione di biologia del Reparto Investigazioni Scientifiche di Roma si mettono al lavoro sui reperti biologici trovati sulla scena del delitto e, utilizzando il metodo elaborato dall'Fbi ed entrato nella pratica investigativa delle polizie europee, elaborano un infallibile identikit genetico dell'assassino. Il Combined dna index system (Codis) individua 13 regioni del codice genetico di reperti biologici che caratterizzano senza alcuna possibilità di errore la persona alla quale appartengono, con l'unica possibile eccezione di un eventuale gemello omozigote, che sarebbe dotato dello stesso corredo cromosomico.
Ora, avendo in mano l'identikit perfetto servirebbe il proprietario di quei geni, che non si trova. Siccome però viviamo in era di globalizzazione ecco che il profilo genetico dell'assassino viene mandato in circolazione nella rete della criminalpol per il confronto con gli schedari delle banche dati del dna europee per verificare l'improbabile eventualità che in qualcuna di queste ci fosse traccia dei cromosomi del malfattore.
Agli inizi del febbraio 2003, contro ogni ragionevole previsione, risponde Scotland Yard: abbiamo individuato il criminale, non è né rumeno né ungherese, è inglese, ha 23 anni (oppure 19) e si chiama Peter Neil Hamkin.
Il diabolico Hamkin era stato schedato dalla polizia inglese per essere stato fermato in stato di ebbrezza alla guida di una Rover verde: la stessa macchina che alcuni testimoni hanno visto allontanarsi dalla zona del delitto e che aveva una targa gialla con i numeri in rilievo, insomma una targa inglese. Uno si potrebbe chiedere perché un barista di Liverpool vada a fare rapine da 100 euro in una pineta toscana, ma come sapete il male conosce infinite strade e poche ragioni. Sono i fatti quelli che contano e conta la somiglianza con il fotokit: – La fronte è più stretta di 3 millimetri, ma incarnato, capelli biondi e aspetto sono esattamente gli stessi – disse il colonnello dei carabinieri Michele Tunzi. A chi obiettava che, chissà, magari l'identificazione non era così sicura i carabinieri rispondevano: – No, al 99,9 periodico percento.
Le forze dell'ordine erano in giustificato orgasmo, infatti avevano risolto un caso che dimostrava: a – la competenza scientifica dell'arma; b – che alcuni casi si possono risolvere solo attraverso tale competenza scientifica che va potenziata con massicci investimenti e soprattutto con l'istituzione anche in Italia di una banca dati come quella britannica, grazie alla quale il demoniaco rapinatore assassino d'oltremanica, arrestato mentre era al bancone, era definitivamente spacciato.
Oddio, spacciato, per la verità qualche problemino c'era.
1 – Hamkin asseriva di non essere mai stato in Italia e il suo nome in effetti non risultava da nessunissima parte, albergo, pensione, campeggio o altro;
2 – nessuno aveva visto né lui né la sua auto;
3 – Hamkin sosteneva che quella sera era a lavorare, e siccome purtroppo (sempre per le guardie) di mestiere non fa il guardiano del faro ma il barista ha almeno venti testimoni che possono confermarlo;
4 – vabbe' – dice – ma il fattaccio è successo ad agosto, l'arresto è a febbraio, può darsi che lui sia venuto giusto a fare una scappatina in toscana – un paio di rapine, pistolettare una fanciulla e poi tornare a mescere cervogia. Chi vuoi che si ricordi, dopo mesi, che è mancato uno o due giorni. Sì, però anche così ci sono degli inconvenienti, perché l'assassino si era beccato una pietrata in faccia, che già lascia evidenze piuttosto durature e inoltre (tutte le fortune, l'astuto Hamkin) il suo datore di lavoro proprio il 19 agosto 2002 era dovuto andare al funerale di un parente e dunque al bancone del Beckley's pub di Litherland c'era proprio lui –  venti testimoni contro un'analisi;
5 – non risultano gemelli omozigoti di Hamkin.
Il nostro ex indubbio assassino viene scarcerato dietro una cauzione di 10.000 sterline, alla sua colpevolezza pare non credere più nessuno. Nessuno?
Composta reazione dell'Arma dei Carabinieri: – “Tentano solo di proteggere e favorire un loro connazionale” – “un testimone si può comprare, la prova del DNA no”.
Come dire, fedeli nei secoli.
A questo punto si rifà la prova del dna e, guarda caso, questa volta la certissima prova positiva risulta negativa (che le certissime prove scientifiche abbiano forse subito qualche condizionamento quando hanno saputo dei 20 testimoni? Ma no, che malpensanti siete…), anzi quasi negativa, qualcuno dice che l'assassino potrebbe essere un parente di Hamkin.
Ora a parte la brillante figura rimediata dalle forze dell'ordine e dei loro reparti scientifici, le domande sono: perché nessuno ha spiegato com'è che fallisce un metodo infallibile? Che interessi di potere politico ed economico ci sono dietro la costituzione di una banca dati? È chiaro quali nuove possibilità di produzione di "prove" hanno in mano polizia, magistratura, servizi segreti e varia compagnia? E soprattutto, se invece di essere un barista inglese si fosse trattato di un pecoraio ciociaro, me lo dite quand'è che Hamkin usciva di galera?
A questo punto non ci resta che confidare nella buona sorte e non accettare offerte per impieghi troppo solitari – quando tutta la popolazione sarà schedata scherzetti del genere potranno capitare davvero a chiunque.
A proposito, se non lo sapete gli archivi stanno diventando progressivamente più estesi, in Gran Bretagna hanno già un milione di profili e da un po' schedano pure i neonati. In Italia le pressioni per realizzare un archivio del dna sono sempre maggiori.
Ad esempio, il 27 marzo 2003, il sap (sindacato autonomo di polizia) appoggiando un ddl presentato al senato sosteneva, attraverso l'ansa[2], che: « – La banca dati del Dna è infatti utile sia per evitare errori giudiziari (è il caso del barman inglese Peter Neil Hankin, accusato di essere l'assassinio di Annalisa Vicentini e scagionato dal test del Dna), sia su fronte della prevenzione generale e della pubblica sicurezza.»
Capito? Hamkin non è stato incastrato dal test del dna, bensì ne è stato scagionato. E Andreotti non ha mai avuto niente a che fare con la mafia. Che d'altra parte non esiste. E la bomba a Piazza Fontana ce l'ha messa Valpreda, Kennedy è stato ammazzato da Oswald e Sofri ha fatto sparare Calabresi. Dimenticavo, il DC9 a Ustica l'ho tirato giù io, con un fucile a piombini.
Il bianco è nero ed il nero è bianco. Che mondo.

Giuseppe Aiello
(originariamente pubblicato su Contropotere n. 27 [anno 3], Ottobre 2004)

1.  In questo breve scritto si trovano numerose assurdità  e contraddizioni che derivano dagli articoli dei quotidiani dai quali ho tratto le informazioni sulla vicenda, e delle quali mi dichiaro quindi incolpevole

2. Dal sito del sap – http://www.sap-nazionale.it/US/2003/03/20030327ANSA1.htm

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