… persino i vermi timorosi e gli insetti minuscoli…

“Se vi ingegnate a moltiplicare archi, balestre frecce, reti e trappole a molla, gli uccelli spaventati fuggono in disordine nell’aria. Se vi ingegnate a moltiplicare ami, esche, reti e nasse, i pesci vengono turbati nell’acqua. Se vi ingegnate a moltiplicare picche, trappole e reti, i quadrupedi vengono disturbati nei terreni paludosi.
Perfezionate l’ingegnosità e l’arte di ingannare, gettate la confusione nel duro e nel bianco, separate e unite arbitrariamente l’identico e il diverso, e gli uomini si smarriranno nella discussione. Il mondo cade allora nell’oscurità e nel caos. Questo crimine proviene dall’amore per l’ingegnosità. Ciascuno infatti si sforza di imparare ciò che non conosce, ma non cerca di approfondire ciò che conosce già. Ciascuno critica negli altri ciò che non capisce, ma si guarda bene dal giudicare il poco di cui è capace. Da lì nasce il grande disordine. Così, l’eccesso di intelligenza mette disordine nella radiosità della luna e del sole, sgretola le montagne, asciuga i fiumi e turba il succedersi delle quattro stagioni. Questi mali disturbano nelle loro abitudini persino i vermi timorosi e gli insetti minuscoli. Quale disordine l’amore per l’ingegnosità non ha portato nell’universo? Così è dall’epoca delle Tre Dinastie. Il popolo ha perso la sua semplicità e si è affidato ai ciarlatani. Ha trascurato il non-agire e perso la propria tranquillità per essersi troppo istruito. Gli eccessi dell’intelligenza e dell’azione hanno perturbato il mondo.”

Zhuang-zi (Chuang-tzu), ~ 330 a.C.

[ed. it.: Adelphi Edizioni, 1982]


Quelle di Zhuang-zi sono parole lontane, lo sono nello spazio e nel tempo, essendo state scritte in una cittadina della Cina centro settentrionale circa 2300 anni fa. Sono nate in un mondo molto diverso dal nostro, nel quale certamente si viveva in modo differente e dunque si pensava, si parlava, si vedeva l’esistente da un angolazione assai diversa dalla nostra. Per molte persone queste parole appaiono quasi prive di senso. A volte solo perché troppo forti sono i richiami alla vita ed alle interpretazioni di allora (“il duro e il bianco”, ad esempio, è un riferimento ai sofisti del tempo, che per il lettore coevo doveva essere chiarissimo e per noi, se nessuno ce lo spiega, è assolutamente oscuro) altre volte perché la distanza si è fatta davvero incolmabile. Si dovrebbe essere capaci, magari, di leggere il testo nella stesura originale, cosa che evidentemente non è da tutti (io in lingua originale riesco al massimo a leggere il Pentamerone, e va già bene così). Eppure ciò che scrisse il vecchio taoista a volte mi pare scritto qui, oggi. Nel passo sopra riportato sembra che avesse davanti agli occhi quello che vediamo noi, la miope fiducia nel progresso, nello sviluppo, nell’industrializzazione, nella crescita, nell’illusorio potere di trasformare l’esistente, che “sgretola le montagne e asciuga i fiumi”. Non so se il popolo ha davvero perso la sua semplicità, ma che si sia affidato ai ciarlatani mi pare fuor di dubbio. Liberarci dai ciarlatani è il primo arduo obiettivo che è necessario porsi, anche perché se finora “gli eccessi hanno perturbato il mondo”, adesso si avviano a renderlo un deserto, non metaforico, un deserto vero e proprio.

Questo Zhuang-zi non poteva immaginarlo, ma noi sì; dobbiamo solo decidere se far finta di non vedere oppure aprire gli occhi, guardare, e regolarci di conseguenza.


Giuseppe Aiello, maggio 2007
Questa voce è stata pubblicata in 2 - Sviluppozero. Contrassegna il permalink.